domenica 1 novembre 2015

4.1. Sovvertire l’effetto frenante della totalità - Parte XXXI - Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski» (Rizosfera/Obsolete Capitalism Free Press, 2016)



Sovvertire l’effetto frenante della totalità

4.1. - Parte XXXI

Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Nietzsche e la politica accelerazionista in Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski». (Rizosfera/OCFP, 2016).
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Se esaminiamo le opere principali di Deleuze, Foucault e Klossowski tra il 1968 e il 1972 vediamo che le traiettorie di questi testi hanno oggettivamente le caratteristiche enigmatiche e comuni per essere qualificate come «ricerche frammentarie»; si tratta di indagini che a fatica si riescono a comporre e immaginare se le valutiamo da una prospettiva «rivoluzionaria» per cercare di comprendere su quale terreno comune di lotta e di programma agiscono i tre intellettuali. Si passa con un certo aplomb da saggi dal sapore accademico, lungimiranti e ricchi, quali Differenza e ripetizione o L’archeologia del sapere, alle opere ermeneutiche riguardanti Nietzsche - sia che si tratti di antologie di frammenti quali Nietzsche e il circolo vizioso, che delle prime edizioni delle sue Opere complete presso Gallimard - proseguendo per testi di critica letteraria o di letteratura tout court quali Logica del senso o Le dame romane, per terminare con criptici saggi economici, La moneta vivente o pamphlet aggressivamente politici, L’anti-Edipo; non parliamo poi dei corsi universitari, dove si spazia da Freud a Marx, da Aristotele a Nietzsche, dalla moneta greca all’Inquisizione nel Medioevo o alla storia della sessualità, senza soluzione di continuità. Con una certa ironia, Foucault stesso, nella prima lezione del 7 gennaio 1976 nel corso intitolato Bisogna difendere la società (MP, 163), vuole porre termine ad una serie di ricerche che egli stesso definisce come incoerenti e discontinue. Foucault sente la necessità di concludere e sistematizzare, in un qualche modo, gli innumerevoli percorsi di ricerche, intuizioni e approfondimenti che ha svolto fin dall’inizio delle lezioni al Collége de France (1970). Da un certo punto di vista, Foucault non parla solo delle sue ricerche ma allude anche a un percorso comune della rizosfera francese rivoluzionaria quando, tra le cose importanti o, almeno interessanti, degli ultimi quindici-vent’anni, elenca «l’efficacia di un libro come L’anti-Edipo, che non si riferiva praticamente a nient’altro che alla sua stessa prodigiosa inventività teorica: libro, o piuttosto cosa, avvenimento che è riuscito a rendere rauco, sin nella sua pratica più quotidiana, il mormorio pure così a lungo ininterrotto che è passato dal divano alla poltrona” (MP, 165). Si tratta di una segnalazione importante ai propri studenti dato che l’opera filosofica di Deleuze è sempre stata un riferimento fondamentale per Foucault, in quanto si è costituita come apertamente «alleata» del suo pensiero fin dai primi anni ‘60, perlomeno dall’inizio della «Nietzsche Renaissance» e, dunque, a partire dall’opera Nietzsche e la filosofia (1962) e il convegno di Royaumont (1964). Ciò che stupisce è l’importanza tributata da Foucault al testo anti-edipico poiché la sua analisi prende in esame i «dieci, quindici, al massimo venti ultimi anni», dunque il lasso di tempo che, grosso modo, va dal 1956 al 1976: non solo L’anti-Edipo è l’unico libro citato, ma è il suo posizionamento all’interno del ragionamento svolto da Foucault stesso a stupire. Il libro viene infatti inserito nel merito della “stupefacente efficacia delle critiche discontinue, particolari e locali” e la sua efficacia viene paragonata a quella di interi movimenti quali l’anti-psichiatria, l’analisi esistenziale e gli attacchi contro l’apparato giudiziario e penale. Conclude Foucault: “Quel che emerge è la proliferante criticabilità delle cose, delle istituzioni, delle pratiche, dei discorsi: una specie di friabilità generale dei suoli, anche e forse soprattutto i più familiari, i più solidi ed i più vicini a noi, al nostro corpo, ai nostri gesti di tutti i giorni. Ma insieme a questa friabilità ed a questa stupefacente efficacia delle critiche discontinue, particolari e locali, si scopre in realtà  qualcosa che forse non era previsto all’inizio, quel che si potrebbe chiamare l’effetto inibitore proprio delle teorie totalitarie, globali. Non credo che queste teorie globali non abbiano fornito e non forniscano ancora in modo abbastanza costante degli strumenti utilizzabili localmente: il marxismo e la psicanalisi stanno lì a provarlo. (...) In ogni caso, ogni ripresa nei termini della totalità, ha condotto nei fatti a un effetto frenante” (MP, 165-166). Seguendo lo schema di Foucault, e schematizzando a nostra volta, vengono messi in evidenza due schieramenti contrapposti: da un lato, il fronte «accelerazionista», discontinuo, particolare, locale, dall’altro un fronte «inibitore», «frenante», continuo, globale, totale, se non apertamente totalitario. Il marxismo, la psicanalisi possono essere ancora degli strumenti che, a livello locale, possono essere utili, ma nei fatti, per Foucault, essi hanno svolto un ruolo «frenante» e, dunque, negativo per il fronte insurrezionale. L’Anti-Edipo, secondo Foucault, rientra a pieno titolo nell’insieme delle entità critiche che smottano i «suoli» con efficacia e che possiedono alcune caratteristiche che possono essere riassunte in tal modo: 1) produzione teorica autonoma, non centralizzata 2) ritorni di sapere che discendono dall’insurrezione dei saperi assoggettati.
( SEGUE QUI )

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