venerdì 25 settembre 2015

Desiderare la propria potenza - Parte II - ( Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski e la politica accelerazionista di Nietzsche» di Obsolete Capitalism)

Desiderare la propria potenza

C.2.2. - Parte II

(Tratto da «Moneta, rivoluzione e filosofia dell'avvenire. Deleuze, Foucault, Guattari, Klossowski e la politica accelerazionista di Nietzsche» di Obsolete Capitalism)


Deleuze ha espresso il suo intenso rapporto con la filosofia di Nietzsche in due distinte opere: la prima è Nietzsche e la filosofia, pubblicata nel 1962, che si contraddistingue per il suo approccio sistematico nei confronti di tutta l’opera nietzscheana; Nietzsche, la seconda, pubblicata a breve distanza dalla prima, nel 1965, possiede un carattere più strategico; mira a suggerire ai lettori una corretta lettura del corpus nietzscheano, grazie a breve saggio introduttivo ficcante, un «dizionario dei principali personaggi di Nietzsche» e a una succinta appendice di testi del filosofo di Röcken, suddivisa per temi, che forniscono un adeguato supporto alle tesi interpretative espresse nel libro. Proprio nel Nietzsche del 1965 troviamo i riferimenti giusti al «desiderare la potenza» e, allo stesso tempo, «desiderare la propria impotenza». Qui va subito specificato che sia «desiderare la potenza» che «desiderare la propria impotenza» significa «volere la volontà di potenza». Sebbene a prima vista sembri paradossale, Nietzsche intende la «volontà di potenza» anche - ma non solo - attraverso questo capovolgimento di prospettiva; ma, ora, procediamo adagio per evitare quei fraintendimenti che tanto «minano» il pensiero nietzscheano in ogni epoca. Seguiamo dunque la spiegazione teorica di Deleuze sulla «volontà di potenza» nietzscheana, partendo da uno dei passaggi più belli del Nietzsche del 1965, e allo stesso tempo, il più significativo ai nostri fini (N, 39):


Noi, lettori di Nietzsche, dobbiamo evitare quattro possibili fraintendimenti:
  1. sulla volontà di potenza (credere che la volontà di potenza significhi «desiderio di dominare», o «volere la potenza»);
  2. sui forti e i deboli (credere che i più «potenti», in un dato regime sociale, siano per ciò stesso dei «forti»);
  3. sull’eterno ritorno (credere che si tratti di un’idea antica, ripresa dai Greci, dagli Indù, dai Babilonesi…; credere che si tratti di un ciclo, ovvero di un ritorno dello Stesso, di un ritorno allo stesso);
  4. sulle opere dell’ultimo periodo (credere che queste opere siano eccessive o già squalificate dalla follia).


I primi due punti sono quelli che ci interessano per costruire la nostra tesi: dobbiamo evitare i fraintendimenti sulla volontà di potenza e sui forti e i deboli, tesaurizzando questo «rovesciamento» nietzscheano ogni volta che tocchiamo questi temi. Ritorniamo alla Macchina capitalistica civilizzata e alla domanda - Come si giunge a desiderare la potenza, ma anche la propria impotenza? - iniziando a sviluppare linearmente la nostra analisi. Prima di tutto va chiarito che qui con il termine «impotenza» si intende «schiavitù»; quindi la domanda, in modo corretto, sarebbe da intendere - Come si giunge a desiderare la potenza, ma anche la propria schiavitù? - planando in questo modo in un territorio filosofico, etico e politico che aggrega, con variazioni minime, il «discorso della servitù volontaria» di Étienne de La Boétie, e via via risale alla sezione «morale», cioè la IV parte, dell’Etica di Baruch Spinoza, ingloba tutta l’opera di Nietzsche, e termina con la «modernità» di Wilhelm Reich in Psicologia di massa del fascismo (1933). Quest’aspetto di confronto e rottura all'interno della triade potenza, desiderio e schiavitù presente nei due tomi di Capitalismo e schizofrenia verrà sviluppato nei successivi capitoli. Torniamo ora al rapporto tra «potenza» e «schiavitù» e la loro stretta correlazione nel pensiero di Nietzsche.  
( segue QUI )

Nessun commento:

Posta un commento