giovedì 11 giugno 2015

Per una teoria delle minoranze: Il divenire minore di Deleuze e Guattari - Parte XI - (tratto da Archeologia delle minoranze: Intervista con Franco Motta - uscita prevista Settembre 2015)


Il divenire minore di Deleuze e Guattari

di Obsolete Capitalism


Nel labirintico capolavoro del 1980, Mille Piani, Deleuze e Guattari avanzano una consistente teoria micro-politica - altresì definibile come teoria del divenire minore - che affronta il problema politico e filosofico delle minoranze all'interno di società ad alto grado di complessità. Per i due filosofi francesi il  maggiore è un 'modello costante' radicato nella propria centralità egemonica: si tratta di un blocco di consistenza, con le caratteristiche paradossali della minoranza numerica, i cui tratti distintivi sono riassumibili nell'essere bianco, maschio, adulto, cristiano, razionale, eterosessuale, et cetera: in breve, "l'europeo medio qualunque". Charles Wright Mills sostenne nella sua opera del 1956, L'élite del potere, una tesi simile riguardo l'estrazione sociale del detentore del potere statunitense: si trattava di un cittadino bianco, maschio, adulto, protestante, nato nella costa orientale, con studi universitari, et cetera: in breve, l'americano medio, un wasp qualunque del XX secolo. Secondo le tesi dei due filosofi francesi, la società è percorsa da processi di trasformazione che, con moto perpetuo, frollano la maggioranza creando dei divenire-altro dall'Uomo Maggioritario, o per utilizzare la fraseologia di Deleuze e Guattari, l'Uomo Molare. Questi "divenire" sono inarrestabili in quanto immanenti alle potenzialità espresse dalla società: c'è un divenire-donna, un divenire-negro, un divenire-ebreo e via metamorfizzando. Si diventa minoranza, in continui processi dinamici che sfilacciano ed erodono il ripetersi del maggioritario. L'Uomo Molare si ripete con differenza e l'incrinamento, la faglia, lo scostamento avviene persino all'interno della maggioranza omogenea, con slittamenti orizzontali e canalizzazioni verso la purezza dell'Omogeneo: c'è un divenire-fascista anche dell'uomo bianco razionale. L'omogeneo, dunque, è sempre affettato dall'eterogeneo, e i processi di trasformazione, i divenire, sono sempre una miscela di contagi, epidemie, forze disgregatrici e riaggregatrici, differenze in movimento, erosioni. "Pensare per flussi e interconnessioni", come scrive Rosi Braidotti (In metamorfosi, 2003), ma "il punto non è sapere chi siamo, ma cosa, in ultima analisi, vogliamo diventare". Ovvie le ricadute politiche di tali concetti: l'omogeneità del corpus maggioritario corrisponde a logiche macro, molari nella terminologia di Deleuze e Guattari, quali  razzismo, nazionalismo, classismo, fascismo, fondamentalismo religioso, etc. Viceversa, il divenire minore è l'ombrello politico sotto il quale è necessario annoverare tutte le minoranze politiche, intellettuali, religiose, ecologiste, di genere, linguistiche, d'immigrazione e così via. Non è difficile scorgere dietro a questo cartello minoritario il profilo della nuova sinistra occidentale, nata dopo il 1968 e le lotte degli anni Settanta del secolo scorso. Per Deleuze e Guattari, in antitesi palese alla teoria delle élite di Pareto e Mosca, "è assurdo gerarchizzare le collettività" (Mille Piani, 2010). La micropolitica delle minoranze - sebbene siano numericamente maggioranza, è bene ricordarlo - abbinata alla concezione microfisica del potere propugnata da Michel Foucault (1970), può rifondare la sinistra su basi post-marxiste, libertarie, anti-classiste, anti-totalitarie e neo-materialiste. Rimane sempre intrinseca, nella teoria del divenire minore, la debolezza del processo di federazione delle minoranze eterogenee e l'individuazione della forma organizzativa all'altezza del compito, in quanto, unire in un solo programma politico, ad esempio, femminismo e rivendicazioni gay, ecologismo e lotte anti-razziste a favore degli immigrati, disoccupati e lavoratori cognitivi precarizzati, significa affastellare e rappresentare soggetti senza la necessaria sintesi. Rendere efficace sia il microscopico organismo di lotta sociale che la rivoluzione molecolare sarà il difficile impegno del militante politico del futuro.  ( segue QUI )

(tratto dall'e.book Archeologia delle minoranze. Intervista con Franco Motta su "Elogio delle minoranze" - in uscita a Settembre 2015)

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