venerdì 26 giugno 2015

INTERVISTA A FRANCO MOTTA SU «ELOGIO DELLE MINORANZE»: Parte IX :: Sulle continuità e le differenze - (tratto da Archeologia delle minoranze: Intervista con Franco Motta - uscita prevista Settembre 2015)

Sulle continuità e le differenze


Obsolete Capitalism :: Nel vostro libro confrontate dialetticamente la continuità della "lunga durata conservatrice" con le discontinuità discrete generate dai contrappunti delle "minoranze positive". Discontinuità è differenza. Le figure e le determinazioni delle discontinuità non sono così facili da individuare per la storia in generale, soprattutto se esse non generano macro-eventi come il 1917 e il 1968 per rimanere al "secolo degli estremi". Come avete deciso di ritagliare, anche arbitrariamente, la linea maggioritaria della continuità e le corrugazioni delle differenze? 



Franco Motta :: L’identificazione delle discontinuità rivoluzionarie-riformiste è stata una naturale conseguenza dell’accezione di élite cui abbiamo fatto ricorso. Il riscontro di “possibilità” di mutamento nella storia italiana ne è stata per così dire la chiave euristica: quali minoranze hanno raggiunto quel livello critico che avrebbe permesso loro di diventare élite egemoniche? È su questo piano, che a mio parere resta un piano definito da coordinate per quanto possibile oggettive – l’effettiva penetrazione nella società, le potenzialità dei progetti di mutamento, la presenza di istanze analoghe in altre realtà europee –, che abbiamo individuato quelle «corrugazioni» di cui parlate. Livelli orografici, mi verrebbe da dire, percepibili a distanza.

Partiamo da un dato: da quasi un secolo, dalle «Annales» in poi, l’idea che il decorso storico possa essere determinato da “bivi”, da scarti, da congiunture nelle quali si riassumono e si confrontano percorsi diversi, giungendo a risoluzione repentina nella vittoria dell’uno o dell’altro, non è più seriamente argomentabile. La storia controfattuale può essere un interessante terreno di sperimentazione di modelli, ma non un terreno di ricerca storica. Ciò detto, le minoranze che abbiamo preso in esame sono state il portato di percorsi pluridecennali, quando non secolari, di sviluppo e di evoluzione di forze che a un certo punto hanno condensato una massa critica – culturale, politica, economica – tale da permettere loro di influenzare l’evoluzione del contesto storico nel quale si muovevano. I galileisti non nacquero certo sull’onda del  Sidereus nuncius o della politica accademica di Galilei; dietro di loro agivano storie multiple, e non sempre omogenee, come quella del platonismo rinascimentale e dell’empirismo naturalistico dei gabinetti di meraviglie del tardo Cinquecento. Allo stesso modo, gli igienisti dell’età positivista ereditarono le pulsioni del socialismo non marxista, fourierista, ad esempio, e quelle dell’anticlericalismo risorgimentale.


In questa prospettiva possono essere individuate altre visibili corrugazioni che non abbiamo preso in esame: la costellazione resistenziale che rimanda all’esperienza di «Giustizia e libertà» ne fa parte, come pure quella dei radicali italiani fino a tutti gli anni Settanta. Se dovessi pensare a casi più recenti mi rifarei al movimento altermondialista della fine degli anni Novanta del XX secolo, che pure fu un’élite progressiva in nuce, ancora lontana però – se non altro per l’assenza di un pensiero forte di riferimento – dalle potenzialità egemoniche che credo definiscano un’élite rivoluzionaria vera e propria. Se dovessi ragionare sull’immediato presente citerei il movimento per i diritti animali, che tuttavia, allo stato attuale, denuncia un’eterogeneità d’azione che rischia di renderlo ancora a lungo marginale nel discorso pubblico.   ( segue QUI )


Franco Motta è ricercatore in Storia moderna presso l'Università di Torino. Tra i suoi interessi di studio, le strategie politiche e culturali della Chiesa cattolica tra XVI e XVIII secolo. Ha curato l'edizione della 'Lettera a Cristina di Lorena di Galileo Galilei' (Marietti 2000) ed è autore di una biografia del cardinale Roberto Bellarmino (Bellarmino. Una teologia politica della Controriforma, Morcelliana 2005). Con Massimiliano Panarari ha pubblicato nel 2012, presso le edizioni Marsilio, il pamphlet storico-politico 'Elogio delle minoranze. Le occasioni mancate dell'Italia'. Ultima pubblicazione nel 2014, tramite le Edizioni Il Sole 24 ore: 'Bellarmino. Teologia e potere nella Controriforma'.

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Elogio delle minoranze

Le occasioni mancate dell'Italia 

Elogio delle minoranze
Cosa accomuna gli eretici italiani del Cinquecento e i social-riformisti dell'Italia primo-novecentesca, i galileisti del Seicento e gli igienisti dell'Ottocento, i protagonisti del Triennio giacobino e la famiglia allargata dei liberali di sinistra e progressisti? Innanzitutto l'atteggiamento mentale critico, consapevole, ma sempre distinto dal pragmatismo e dall'antidogmatismo. Infine un amaro destino: duramente sconfitti, costretti ad assistere in vita alla dissoluzione dei loro progetti, sono stati anche oggetto di dimenticanza o di damnatio memoriae. Massimiliano Panarari e Franco Motta ripercorrono la storia del nostro paese rileggendola attraverso le esperienze di quelle "grandi" minoranze virtuose, che hanno combattuto battaglie di stampo riformatore e per il cambiamento delle condizioni di vita. Un filo rosso attraversa il libro alla ricerca delle energie fondative di quella che avrebbe potuto essere un'altra Italia, i cui esponenti si rivelano oggi più vicini ai modelli sociali e culturali che risultarono vincenti in buona parte dell'Occidente sviluppato.


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